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#ConcretaMente – Se dici donna…

Di Marina Sarli
C’è un LEGO veterinaria che già pare una grande concessione.

Se dici donna, dici danno” È una questione di cultura, no? Allora partiamo da qui. Partiamo da una storia. C’è un nuovo negozio di giocattoli ad Atene. Una cosa immensa, di tre piani. Al piano terra “articoli per la stagione” (quindi scuola, Natale, Pasqua, Carnevale, vacanze ecc); primo piano “bimbe”; secondo piano “bimbi”. Quindi vado al primo piano, mano nella mano con mia figlia. È il trionfo del rosa: le principesse, i LEGO Principesse, le trousse delle principesse, Barbie cantante e Hello Kitty maestra. C’è un LEGO veterinaria che già pare una grande concessione. Poi un festival di cucine, fornelli, caschi per capelli. Persino il barbecue è nel reparto bimbe, sebbene sia un prodotto americano e -si sa- in America il barbecue è talmente roba da uomini che sulla confezione sono raffigurati due maschietti. Ma tant’è, si tratta di roba da mangiare e da cucinare, ergo: primo piano, “articoli per bambine”. Coralli e perline, parures di gioielli, colori pieni di glitter e strass. Andiamo allora al secondo piano a cercare puzzle che non rappresentino una principessa, o il meccano, o i blocchi di LEGO normali, quelli asessuati, per dire, mica oso uno Star Wars, no. Dico quelli che non siano un trionfo di rosa e lillà. Il piccolo chimico, i set da esploratore, astronauta e spazio, telescopi.

La donna non HA un ruolo sociale ma È COSTRETTA in un ruolo sociale

Ecco, partiamo da qui. Partiamo dall’educazione ai ruoli. Quella teoria gender che tanto fa rabbrividire i difensori della nostra società. La donna non HA un ruolo sociale ma È COSTRETTA in un ruolo sociale. Per provare a liberarsene deve fare gimkane sin dalla tenera età tra cartoni animati per bambine, riviste per ragazze e poi, crescendo, i giornali da donna. Giornali pieni di pubblicità per le donne, con le donne ormai oggettizzate allo scopo di vendere qualunque prodotto. Ci avete fatto caso? Le donne nelle pubblicità di questi ultimi anni non sorridono quasi mai e sono spesso subalterne: se non ad un uomo, di sicuro al prodotto stesso.

Ma nella Giornata contro la violenza sulle donne non riuscirei mai a fare un proclama contro gli uomini. Vedete, non sono gli uomini il problema, non più della società e della cultura in cui quegli uomini crescono, proprio come noi donne, educati e cresciuti da altre donne…

Un altro particolare degno di nota è che all’interno di una rivista “femminile” non compaiono quasi mai le pubblicità di automobili. La donna cresce tra creme per rimanere giovane perché, Dio mio, la donna anziana non ha molto senso, come dice anche il neoelettto Presidente degli Stati Uniti. La violenza fisica, se siamo fortunate, lascia solo lividi e ossa doloranti. Ma quella psicologica, quella mediatica, quella del “tu no, tu sei femmina” lascia segni altrettanto profondi. Ma nella Giornata contro la violenza sulle donne non riuscirei mai a fare un proclama contro gli uomini. Vedete, non sono gli uomini il problema, non più della società e della cultura in cui quegli uomini crescono, proprio come noi donne, educati e cresciuti da altre donne che in un inspiegabile loop vizioso ripropongono il modello di quel che la donna (non) dovrebbe essere. E mi vengono in mente le parole scritte su un social da un amico, Gianluca Cico: ‘’Alle donne non si perdona la bellezza, ma nemmeno la bruttezza, o l’intelligenza, oppure il talento. Siate medie, mediocri, casalinghe, cuoche ma non chef, sarte ma non stiliste. Sempre brave ma un filo meno, spiritose ma non troppo, stronze e un po’ ciniche ma solo per scopi futili perché il fine giustifica i mezzi a patto che siano nobili o quantomeno utili. E non osate parlare di sessismo, quello dà fastidio”. Sessismo, parola che ormai dà fastidio come buonismo. Ed è invece proprio dal sessismo sociale e culturale che bisogna partire: la violenza sulle donne si combatte cambiando la percezione che alla donna si è data con una lenta, inesorabile e deliberata corsa alla sua reificazione. In una società del consumismo usa e getta, quando la donna smette di essere persona ma diventa oggetto diventa possibile intenderla come oggetto delle proprie relazioni sociali e di coppia, oggeto usa e getta anche lei, oggetto di violenza, di quel gettare a cui la società reagisce con un’indignazione da #hashtag che riduce tutto ad un contentino social.

Perciò, iniziamo a dare importanza a quel che diciamo e chiariamoci: se dici donna, dici donna.

Quindi se dici donna dici danno, ma il danno è solo alla donna stessa. Se dici donna dici stupro, dici spose bambine, dici operatrici del sesso, dici veline o segretarie particolari, dici colloqui di lavoro al suono di “ma lei mica vorrà rimanere incinta”, dici che per come si veste se l’è cercata, dici “lei è più bella che intelligente” dici culona inchiavabile, dici “chissà a chi l’ha data per arrivare così in alto” e dici una marea di altre cose che donna non devono voler dire. Perciò, iniziamo a dare importanza a quel che diciamo e chiariamoci: se dici donna, dici donna.

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 Il contributo di Marina Sarli alla campagna RISPETTIAMO. Dillo con un gesto.

1. Chi sei?
Marina, italiana emigrata in Grecia

2. Che fai?
Vivo in ritardo tra Atene e un aeroporto, faccio la mamma, mi faccio rincorrere dagli amici e lavoro nel terzo settore facendo cose (tante, troppe) e vedendo gente (mai abbastanza)

3. Che cos’è per te l’amore?
E’ trazione e, attenzione, non attrazione. Trazione tra forze contrarie come il dare e il ricevere, il mettersi in gioco e il difendersi, il gioire e il soffrire. Ed e’ aria da respirare

4. Cosa significa rispetto?
Rispetto significa riconoscere a se stessi e alle altre persone la libertà di essere, pensare, sentire e agire senza ledere la libertà altrui.

5. L’amore in un gesto?
Un abbraccio che diventa il posto. L’unico posto possibile.

 

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