di Eleonorè Psichofayoski Sono giunta alla fine della mia settimana, è stata un’esperienza stimolante, mi sono divertita a pensare a quale sarebbe stato il pezzo giusto per il giorno successivo, senza grossi progetti in testa lasciando che le idee cambiassero; spero di avervi trasmesso qualcosa, magari quella voglia di non buttarsi via, di non buttarsi giù, di non chinare la testa quando ce lo chiedono, anche se cortesemente; detto ciò vi saluto ringrazio voi e segni concreti e vi lascio con un mio piccolo pensiero. Alla dea delle utopie. Una compagna resistente, che sopravvive, prolifera in ogni angolo, persiste fiera nelle orecchie di chi la vuole amare, vive regnando sovrana; dentro
di Matteo Croce Mi piace sempre ricordare un breve periodo di qualche anno fa, quando andavo al Centro Diurno Falciai di Arezzo a strimpellare qualche canzone italiana con la mia fedele chitarra. Per chi non lo sapesse, il Centro è pensato per riempire di variegate attività di gruppo le mattine e i pomeriggi di persone un po’ particolari. Evitando inutili buonismi, persone con ritardi mentali più o meno seri. Uomini e donne che, vi posso assicurare, hanno cuori grossi a compensare quei piccoli frammenti che mancano nella testa. Vedo ancora con limpida chiarezza i volti di ognuno di loro nel momento in cui si illuminavano di fronte alle calde e familiari note e parole di De Gregori, Battisti,
di Norma Agostino Carissimi ascoltatori di Radio Concreta, mi dispiace quasi, lasciare questo luogo che mi è stato concesso per questa settimana. Un grazie a Segni Concreti, per avermi dato la possibilità di esprimermi con la musica. Personalmente penso che la musica, sia un “conduttore” di gioia, la musica ha la facoltà di farci sentire eterni, riporta alla memoria il battito del cuore, ci fa sentire vivi. In questa settimana, mi sono sentita in compagnia di una grande maestra, la musica. E’ maestra perché ti insegna senza pretendere le risposte subito, ti aiuta ad ascoltare e impiega tutta la sua orchestra per darti il ritmo, melodia e tempo. Tempo che passa, tempo che si
di Eleonora Mattesini Ho sempre ascoltato musica: spesso e volentieri preferivo MTV ai cartoni animati ed in macchina la radio doveva essere sempre accesa, anche per i tratti più brevi. Ma solo a partire dalla mia adolescenza ho cominciato a conoscerla realmente. È stata una necessità per me. Mi sono ritrovata immersa dentro una bolla di ansia, di profonda insicurezza, di solitudine con il bisogno di urlare al mondo ciò che avevo dentro ma senza riuscirci, come se non sapessi parlare. E la musica mi ha dato la possibilità di esprimere l’inesprimibile, ha parlato per me buttando fuori ciò che avevo dentro. Tutt’ora svolge questa funzione, anche se le cose sono un po’ cambia
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